Per raggiungere l’obiettivo europeo della neutralità climatica entro il 2050, la Commissione Europea proporrà il pacchetto legislativo “Fit for 55” per ridurre le emissioni di CO₂ almeno del 55% entro il 2030. All’interno di questo pacchetto proporrà nel giugno 2021 una revisione degli standard sulle emissioni di CO₂ di auto e furgoni al fine di allinearli alla più ampia strategia di decarbonizzazione.
In vista di quella data, riemerge ciclicamente grazie al sostegno dell’industria petrolifera e del gas l’idea già più volte respinta in passato di aggiungere anche i carburanti sintetici tra i beneficiari dei crediti UE sulle emissioni di CO₂ degli autoveicoli.
Secondo Transport &Environment (T&E), l’organizzazione europea no-profit indipendente che si occupa di questioni relative ad ambiente e trasporto, utilizzare i carburanti sintetici (e-fuel) nel settore automobilistico non ha senso, né dal punto di vista ambientale né da da quello economico. Conclusione: i carburanti sintetici non sono altro che un cavallo di Troia per mantenere vivi i motori a combustione e la domanda di idrocarburi nel settore auto.
Prima di esaminare le argomentazioni di T&E spieghiamo brevemente cosa sono gli e-fuel. Si tratta di combustibili liquidi o gassosi di origine sintetica prodotti tramite processi alimentati da energia rinnovabile. Il processo trasforma l’energia elettrica ottenuta da fonti rinnovabili in energia chimica sotto forma di combustibili climate-friendly, utilizzabili come carburanti in vari settori, nel nostro caso in quello delle automobili.
Per spiegare il perché della sua posizione così nettamente contraria T&E ha pubblicato nei giorni scorsi uno studio in cui sostiene che tra batterie, idrogeno verde e carburanti sintetici, solo la prima soluzione permette di portare alla decarbonizzazione e a zero emissioni nel settore automobilistico. Un’auto alimentata da carburante sintetico ottenuto da fonti rinnovabili richiede una quantità di energia pari a cinque volte quella necessaria per le auto a batteria. La conclusione dello studio è che, sia per il costo che per le emissioni ambientali, le elettriche a batteria (BEV) superano nettamente le auto alimentate con carburanti sintetici. Insomma i carburanti sintetici non sono altro che un cavallo di Troia per mantenere vivi i motori a combustione e la domanda di idrocarburi nel settore auto.
In questo documento, T&E fornisce una valutazione economica e climatica approfondita sulle implicazioni del far funzionare le auto convenzionali con combustibili sintetici. L’analisi inizia dal costo totale di proprietà (TCO), secondo la quale i costi di un veicolo convenzionale alimentato con carburante sintetico, sia esso nuovo o di seconda mano, non sono affatto trascurabili. Si calcola che nel 2030 la differenza di costo di un’auto a carburante sintetico rispetto a una BEV sarà di 10.000 €, il 43% in più.
Il costo totale di proprietà di un’auto a carburante sintetico sarebbe comunque del 10% superiore rispetto all’acquisto di una nuova auto elettrica a batteria, rendendo questa scelta un’opzione inaccessibile e non conveniente per la flotta esistente.
I carburanti sintetici finirebbero anche per essere per le case automobilistiche una soluzione costosa pagata con una multa di 10.000 euro comminata dall’UE per ogni auto con motore termico prodotta oltre i tetti fissati per le emissioni di CO2.
Altro fattore a vantaggio delle BEV sarà l’abbattimento del costo delle batterie, che si prevede avranno costi che potrebbero scendere a 3.000 entro il 2030 e un costo complessivo per veicolo che eguaglierà quello delle auto a combustione interna già intorno al 2025.
Stando così le cose il carburante sintetico metterebbe quindi a rischio la competitività dell’industria automobilistica europea in quanto distoglierebbe investimenti dalla transizione alla mobilità elettrica con maggiori costi che ricadrebbero sulla comunità.
Lo studio di T&E mostra che il costo aggiuntivo totale a seguito della diffusione di carburante sintetico sarebbe almeno cinque volte superiore rispetto all’elettrificazione a batteria che in Europa è ormai una realtà. Arriverebbe ad essere addirittura dieci volte superiore nel caso non si verificasse lo scenario migliore della produzione fotovoltaica a costi bassissimi in Africa.
In conclusione riconoscere crediti ai carburanti sintetici non farebbe che aumentare i costi della decarbonizzazione e ritardare l’inevitabile trasformazione verso una mobilità elettrica accessibile.
Anche dal punto di vista ambientale si arriva alla conclusione che i benefici dell’e-fuel sono un miraggio.
L’analisi di T&E mostra che la quantità media di CO₂ emessa dalle auto BEV alimentate dalla rete elettrica dell’UE nel 2030 è inferiore di circa il 40% rispetto a un’auto a benzina alimentata con carburante sintetico anche nel caso in cui soddisfi i criteri di sostenibilità noti come RED II.
A parità di intensità di carbonio, l’auto a batteria dimezza le emissioni di CO₂ rispetto a un’auto a benzina paragonabile che funziona con carburante sintetico prodotto in linea con i criteri RED II. Anche in questo caso la conclusione è impietosa: l’utilizzo di carburante sintetico per alimentare le auto convenzionali richiederà molta più energia rinnovabile e fornirà vantaggi climatici notevolmente inferiori rispetto al BEV.
Si pone anche una questione di disponibilità limitata degli e-fuel che non vanno sottrattatti ad altri settori che possono beneficiarne e non possono utilizzare le batterie per decarbonizzare, come l’aviazione, il trasporto marittimo o l’industria pesante. Ancor più considerando che il settore automobilistico ha nell’elettrico a batteria un’ottima alternativa.
La normativa sulle emissioni di CO₂ dei veicoli non dovrebbe permettere alle case automobilistiche di acquistare crediti per il carburante. In tal caso l’UE rischierebbe di commettere un grave errore perché ritarderebbe l’elettrificazione nel trasporto su strada, prolungherebbe la vita di motori inquinanti e rinvierebbe la decarbonizzazione allocando erroneamente, a livello economico, gli elettroni verdi.
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