La complessità che caratterizza le case automobilistiche tradizionali colpisce Ford e la costringe a ritardare i piani per il passaggio alle auto elettriche a batteria. Lo ammette Jim Farley, CEO di Ford Motor Company dall’ottobre 2020, in un’intervista concessa nei giorni scorsi alla TV americana CNBC in cui ha commentato i risultati ottenuti da Ford nell’anno 2022. Solo tre mesi fa prevedeva utili tra 11,5 e 12,5 miliardi di dollari quando invece sono stati di 10,4 miliardi di dollari. È mancato all’appello più di un miliardo di dollari.
Chiamato a capo della casa con sede a Dearborn nel Michigan proprio per accelerare il cambiamento, Jim Farley si ritrova a guidare un colosso con 173.000 dipendenti, 4,2 milioni di auto prodotte nel 2022 rispetto ai 6,6 milioni di auto prodotte nel 2017, 100.000 unità meno del previsto nel solo quarto trimestre 2022 e risultati in costante calo.
Ad un futuro che si profila sempre meno roseo si aggiunge il recente blocco della produzione della versione elettrica del modello F150, il pick-up più venduto al mondo, a causa di problemi alle batterie che potrebbero incendiarsi. Nel mercato americano Ford ha avuto per il secondo anno consecutivo il più alto numero di richiami in garanzia rispetto alla concorrenza. A fronte di 100 richiami da parte di Ford, che hanno tutti reso necessario l’intervento presso le officine dei concessionari, General Motors effettua 77 richiami, Volkswagen e Chrisler 66, BMW 60 richiami. All’altra estremità si colloca Tesla, che effettua 19 richiami, di cui 12 in concessionaria ogni 100 auto vendute. I restanti 7 richiami vengono risolti con aggiornamento OTA. Proprio in quest’ultima sigla è racchiuso uno dei vantaggi della casa di Elon Musk. Ancora oggi nessun costruttore tradizionale riesce ad effettuare, come fa Tesla, assistenza e aggiornamento Over the Air, cioè via software e di notte, quando l’auto è ferma e in carica. È per questo che quando, come in questi giorni, si parla di circa 360.000 richiami da parte di Tesla, in realtà la risoluzione di un problema, oppure il semplice miglioramento di una funzionalità, viene effettuata dal costruttore texano nel giro di poche ore e senza dover portare l’auto in concessionaria. Tradotto in altre parole si tratta di migliorare l’efficienza dell’assistenza contenendo i costi o, al contrario, di doversi accollare costi in garanzia che possono essere molto elevati.
Ma la complessità di Ford, e non solo di Ford, non riguarda solo il settore vendite e assistenza, è tutta l’azienda ad esserne afflitta. Troppi modelli e un’infinità di combinazioni possibili che se in passato erano considerate un vanto dei costruttori storici ora fanno crescere in modo abnorme le giacenze e complicano le scelte del cliente.
Risalendo ulteriormente lungo la catena produttiva, il costruttore che per primo più di un secolo fa ha introdotto l’uso della catena di montaggio e del nastro trasportatore si ritrova oggi frenato da processi di progettazione, di ingegnerizzazione e di produzione troppo complessi e ormai superati. Jim Farley denuncia un’inefficienza superiore del 25% rispetto alla concorrenza, che tradotta in altri termini significherebbe dover ricorrere al 25% di tecnici in più per ottenere gli stessi risultati della concorrenza.
Gli obiettivi annunciati affermavano la volontà di superare presto Tesla nelle vendite negli Stati Uniti ma la realtà dei fatti evidenzia sempre più i ritardi e le scelte di pianificazione industriale sbagliate. Persino lo stesso Jim Farley si dichiara d’accordo. In occasione di una conferenza moderata da Rod Lache al Wolfe Research l’8 febbraio scorso Lache ha raccontato di aver chiesto a cento investitori se credono possibile che i costruttori tradizionali potranno recuperare il ritardo su Tesla. Il 92% degli intervistati ha risposto di non credere nel recupero e Farley ha affermato di essere dalla parte di quel 92%.
La complessità fa rimanere oggi Ford saldamente legata al 95% di profitti provenienti dalle auto a combustione interna, benzina o diesel, e frena inevitabilmente l’innovazione. La strada per la semplificazione è quella di passare dalla prima generazione di auto elettriche a cui appartiene la Ford Mach-e, alla seconda generazione, una nuova generazione più semplice e più efficiente a cominciare dalla riduzione dei componenti e dal miglioramento del software.
Jim Farley indica anche altri settori in cui urgono profondi cambiamenti. I costi di distribuzione sono eccessivi e altrettanto eccessive sono le spese pubblicitarie. Due settori in cui Tesla ha da sempre seguito una strada completamente diversa da quella dei costruttori tradizionali: non avere una rete di concessionari e spendere in ricerca piuttosto che in pubblicità. Con risultati molto differenti da un costruttore all’altro.
Il settore dell’auto elettrica non è redditizio per tutti. Attualmente, pur con la drastica riduzione dei prezzi di vendita avviata di recente, Tesla ha un margine di guadagno per ogni auto venduta di circa 9.574 dollari. Volkswagen ha un margine di 927 dollari e Ford, ben lontana dall’obiettivo annunciato da Jim Farley di voler raggiungere l’8% di margine, perde 762 dollari per ogni auto elettrica venduta.
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